Tac e rischio oncologico

07/03/08,15:00, Tecnologia e medicina a cura di Cesare Albanese - Cardiologo, Casa di Cura Nostra Signora del Sacro Cuore, Roma
TAC e rischio oncologico

La tomografia assiale computerizzata (TAC) è un esame diagnostico radiologico con una grande e crescente diffusione nella pratica clinica per la sua elevata efficacia nell’evidenziare quadri patologici particolari, spesso anche in fase precoce, in quasi tutte le branche della medicina (neurologia, cardiologia, pneumologia, nefrologia, gastroenterologia, urologia, ginecologia, pediatria, ecc). La sua elevata capacità diagnostica è legata alla possibilità di una chiara visione tridimensionale della maggior parte degli organi interni del corpo umano. Il suo utilizzo, tuttavia, si sta oggi estendendo non solo ai soggetti malati o sintomatici per meglio definire ed inquadrare patologie già conosciute, ma anche a quelli asintomatici e apparentemente sani, ed anche ai più giovani, per il riconoscimento precoce e la prevenzione di malattie anche gravi. Si stima, infatti, che negli Stati Uniti siano oggi eseguite più di 62 milioni di TAC in un anno, di cui almeno 4 milioni in bambini (1).
L'ampia diffusione di tale metodica ha, però fatto nascere delle forti perplessità sul rischio oncologico legato all'elevata esposizione a radiazioni X. E' infatti doveroso ricordare che l’esecuzione di una TAC comporti l’esposizione di molti organi e tessuti ad una dose di radiazioni molto superiore a quella di un esame radiografico tradizionale: una TAC del torace comporta un’irradiazione circa 500 volte superiore a quella di una radiografia. La tabella, ripresa da un articolo sul New England Journal of Medicine, riporta e confronta la dose di raggi X (espressa in millisieverts, unità di misura oggi ufficialmente riconosciuta per quantificare l’assorbimento di radiazioni) che alcuni organi ricevono durante le radiografie convenzionali o con la TAC.
In relazione all’utilizzo dei diversi macchinari, l’organo in esame riceve mediamente una dose di irradiazione in media di 15 mSv in un adulto e ben 30 mSv in un neonato per ogni singolo esame, comprendente una media di due o tre scansioni per studio: è questa la dose assorbita da ciascun organo interessato durante una TAC; una quantità decisamente superiore ad un tradizionale esame radiologico e così elevata per la popolazione in età pediatrica che ha indotto a prendere seriamente in considerazione il rischio di insorgenza di nuovi tumori legato alla diffusione di questa tecnica diagnostica (2). Alcuni studi e relazioni degli anni passati, hanno riportato che negli Stati Uniti circa lo 0,4% di tutte le neoplasie diagnosticate tra il 1991 e il 1996, possano essere attribuite ad una esposizione a radiazioni conseguenti a TAC (3-4). É stato inoltre avviato uno studio epidemiologico con l'obiettivo di confermare il rischio attuale di tumori correlati all’utilizzo della TAC (5).
Secondo gli Autori dello studio sul New England Journal of Medicine, le possibilità di contenere il rischio oncologico si fondano su tre raccomandazioni particolari:
ridurre la dose di raggi emessa per ogni esame con l’utilizzo di apparecchiature sempre più moderne e con più elevata tecnologia
sostituire una parte consistente di indagini mediante TAC con altre procedure diagnostiche altrettanto valide e meno rischiose come ecografia e risonanza magnetica
ridurre il numero di prescrizioni di questi esami a quelli strettamente necessari.

Tra le tre possibilità, quest’ultima sembra essere l'indicazione più efficace, la più facilmente percorribile, la più economicamente sostenibile anche in un'ottica del raggiungimento di un miglior rapporto costo-benefici. 
Se si considera quindi che circa un terzo di tutte le TAC effettuate non risulti realmente appropriato e significativamente vantaggioso (6), si potrebbe dedurre che circa 20 milioni di adulti e più di un milione di bambini negli Stati Uniti, siano esposti ogni anno ad una elevata dose di raggi X in maniera ingiustificata. Tale eccesso di richiesta di TAC può essere correlato talora alla scarsa consapevolezza da parte dei medici prescrittori dell' elevato rischio radiologico, talora ad un eccessivo, e non sempre giustificato, utilizzo nella medicina d’urgenza ed in patologie diffuse (cefalea cronica, traumi, apoplessia, sospetti ictus) ed infine al crescente fenomeno della “medicina difensiva”: una condizione in cui il medico discosta le prescrizioni da ciò che sarebbe nell'esclusivo interesse del paziente, per indirizzare le sue decisioni diagnostico-terapeutiche verso situazioni al riparo da un eventuale rischio legale.
Fonte
Brenner DJ, Hall EJ. Computed Tomography — An Increasing Source of Radiation Exposure. NEJM 2007; 357:2277-2284

Bibliografia
What's NEXT? Nationwide Evaluation of X-ray Trends: 2000 computed tomography. (CRCPD publication no. NEXT_2000CT-T.) Conference of Radiation Control Program Directors, Department of Health and Human Services, 2006
Brenner DJ, Doll R, Goodhead DT, et al. Cancer risks attributable to low doses of ionizing radiation: assessing what we really know. Proc Natl Acad Sci U S A 2003;100:13761-13766.
Sources and effects of ionizing radiation: United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation: UNSCEAR 2000 report to the General Assembly. New York: United Nations, 2000.
Berrington de Gonzalez A, Darby S. Risk of cancer from diagnostic X-rays: estimates for the UK and 14 other countries. Lancet 2004;363:345-351
Giles J. Study warns of 'avoidable' risks of CT scans. Nature 2004;431:391-391.
Slovis TL, Berdon. Panel discussion. Pediatr Radiol 2002;32:242-244

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Questa pubblicazione riflette i punti di vista e le esperienze dell'autore e non necessariamente quelli della Merck Sharp & Dohme Italia S.p.A